20 imprenditrici di successo per ispirare gli imprenditori di oggi e di domani
Giada Palma è l’autrice di “Donne che innovano” volume che racconta la storia di venti imprenditrici di successo che possono essere di ispirazione, per il loro coraggio, passione e determinazione, agli imprenditori di oggi e di domani.
Abbiamo intervistato Giada per farle alcune domande sul suo libro.

Ciao Giada, raccontaci qualcosa di te
Sono una persona da sempre appassionata a tutto quel che riguarda il mondo dell’innovazione, i modelli economici alternativi e il ruolo dell’impresa nel tessuto sociale. Ho studiato giurisprudenza, e da sempre approfondisco i temi economico-finanziari per passione personale. Amo scoprire mondi e persone che si occupano di materie anche lontane dalla mia realtà, e credo che proprio questo mi abbia spinta verso le storie delle protagoniste del libro.
Come nasce l’idea di scrivere Donne che innovano?
In modo abbastanza fortuito. Quest’estate, dopo essermi vista costretta a cancellare una vacanza a causa delle restrizioni per il Covid, curiosavo su internet e così ho scoperto che la Commissione Europea assegna ogni anno un premio riservato alle donne che innovano. Ho deciso subito di approfondire. Questo è stato il mio viaggio estivo.
Valorizzare il percorso di vita di 20 imprenditrici: quali sono stati i criteri di scelta?
Tutte le donne che vengono raccontate nel libro sono le finaliste, e talvolta vincitrici, delle ultime tre edizioni dell’EU Prize for Women Innovators. Ho cercato poi di ottenere una distribuzione geografica quanto più possibile ampia, e lo stesso vale per la scelta dei settori e il profilo demografico. Ho cercato la diversità, per poter raccontare ad ampio spettro.
Quali storie ti hanno maggiormente colpito e perché?
Qualche giorno fa un giornalista mi ha chiesto di scegliere quattro storie per un’intervista. Per me è stato impossibile. Non ho delle preferenze nette. Non sono capitoli slegati. Il libro è denso di rimandi, tematiche trasversali che vengono affrontate da diverse angolature. Certo, in alcune donne incontro più somiglianze con il mio carattere, altre le ammiro da lontano, semplicemente. Il mio augurio è che ogni lettrice possa trovare frammenti di sé sparsi nelle pagine.
A chi si rivolge il tuo libro?
Inizialmente l’ho pensato per le ragazze del liceo, quelle che amano la scienza e stanno pensando a una carriera in quell’ambito. Scrivendolo però mi sono resa conto che il pubblico è molto più ampio e queste storie possono ispirare donne di tutte le età. Non è un libro solo scientifico, al contrario ho voluto raccontare la persona, la sua storia. Storie che assomigliano a quelle di molti di noi.
Quali sono gli aspetti del fare impresa, donne e innovazione che hai voluto mettere maggiormente in evidenza?
Ho cercato un equilibrio tra la trattazione tecnica, gli aspetti scientifici, e la dimensione umana. Voglio raccontare cosa accende l’interesse di queste imprenditrici, le sfide che incontrano, quelle interne e quelle sociali, e metto in luce le loro risorse, gli strumenti per affrontarle. Do valore al coraggio, alla forza interiore, all’amore per ciò che si fa. Rima Balanaskiene dice: “l’impresa non è solo una fonte di reddito. È una missione di vita”. Anch’io la vedo così.
Il tuo libro parla soprattutto di donne che fanno impresa innovando in settori diversi e ad alta complessità. Cosa pensi abbiano in comune queste donne e le loro storie?
Ci sono molti caratteri comuni alle intervistate. Sono sicuramente più le somiglianze che non le differenze. Le innovazioni, soprattutto in ambiti come dici giustamente tu “ad alta complessità”, non sono frutto del genio creativo. Prima di tutto serve grandissimo impegno, serietà, e una buona dose di fiducia, perché non si sa mai se alla fine si arriverà a un prodotto vendibile. I tempi sono lunghissimi. Non finisco di stupirmi quando penso che alcune di queste donne lavorano per lunghi anni senza nessun oggetto o riconoscimento tra le mani. Talvolta sono solo i finanziamenti pubblici e privati a permettere loro di procedere.
Imprenditoria femminile e innovazione, che idea di sei fatta, grazie alle tue interviste, rispetto al tema dell’imprenditoria femminile in Italia e in Europa?
In Italia abbiamo una grande creatività e basi teoriche molto forti. E’ un Paese votato all’innovazione, eppure il technology transfer sconta ancora importanti criticità strutturali e organizzative. Da noi c’è un grande potenziale, ma mi sono resa conto che nel resto d’Europa la situazione non è poi così diversa, e la percezione di un condizionamento sociale negativo verso le donne, a cui si attribuiscono responsabilità e ruoli che le marginalizzano nel mercato del lavoro. Mi piace molto quello che ha detto Alicia Asin Perez a tal proposito: “È un fatto che non si riescano a coprire alcune posizioni lavorative per mancanza di candidati e se vogliamo raggiungere gli obiettivi di adozione e sviluppo della tecnologia, dobbiamo colmare un divario tra uomini e donne pari a quattro milioni e mezzo di programmatori solo in Europa. Semplicemente, non ci possiamo permettere di perdere il 50% della popolazione come potenziali candidati per una qualsiasi posizione lavorativa”.